Leggere è il mestiere più solitario del mondo – Inside Books #10
Quanti libri abbiamo letto per non sentirci soli?
La lettura e la scrittura sono due attività solitarie, che necessitano di silenzio e isolamento (qualcuno pretendeva “una stanza tutta per sé”). Per secoli le autrici e gli autori si sono nascosti per scrivere: dietro uno pseudonimo, al riparo dal potere censorio delle dittature o dal parere contrario dei coniugi.
Paradossalmente, però, leggere e scrivere sono atti che scongiurano la solitudine. Bambine e bambini di tutto il mondo sono cresciuti leggendo storie che facessero loro compagnia, cercando di sfuggire alla noia e usando i libri come surrogato di amicizie e affetti. Quanti romanzi sono nati dal bisogno di empatia, di costruire ponti con il mondo esterno? Quanti libri abbiamo letto per non sentirci soli?
È questa l’inspiegabile e contraddittoria magia della letteratura: un atto di apparente rifiuto e ribellione nei confronti della prosaica realtà – aprire un libro per escapismo – diventa un gesto essenziale per imparare a comprendere meglio – e a riabbracciare – il mondo al di fuori delle pagine. Un libro promette di portarci via, lontano, in un altrove a noi sconosciuto, ma poi ci riporta anche indietro, dandoci una fiaccola per illuminare proprio quell’universo che ci appariva così insensato e inabitabile: la nostra vita. Tutto ciò richiede per forza un viaggio che si fa tutto nella nostra mente, nel nostro io interiore, in un tempo regolato da meccanismi diversi rispetto a quelli dell’orologio (quelli dell’immaginazione).
Avete mai provato la sensazione di non avere la minima idea di quanto tempo fosse trascorso mentre eravate immersi in un racconto? Avete mai iniziato a leggere per sfuggire a un barboso pranzo di famiglia per poi riemergere provando un moto di simpatia per i vostri poveri parenti (chiedendovi con genuina curiosità da quali pensieri fossero angosciati)? Avete mai finito un romanzo con una voglia matta di consigliarlo a tutti i vostri amici?
Queste sono solo alcune delle paradossali sensazioni a cui ci espone l’attività più solitaria del mondo: la lettura, capace di allontanarci e di avvicinarci agli altri con un movimento fisicamente impossibile e che funziona solo nella fantasia. E che dire, poi, della magia dei gruppi di lettura che sono animati da questo continuo moto oscillatorio dall’io all’altro, dall’ego al mondo, dal simile al dissimile, dalla mia casa (e per la precisione dalla mia poltrona da lettura) a uno spazio comune e aperto di confronto e discussione?
Su quanto sia (un) lonely la lettura, ne ha scritto anche Emily Hodgson Anderson su LitHub.
Oggi la moneta corrente in un mondo iperconnesso è la visibilità, la capacità di mostrarsi, di esprimersi subito, di rendere le nostre vite sempre più trasparenti, disponibili, tracciate. Non c’è da stupirsi se la lettura sia considerata un po’ old-fashioned, con il suo bisogno sacrale di silenzio, riflessione e distacco dal mondo. Dobbiamo ammettere che le nostre fantasticherie letterarie hanno perso un po’ di smalto da quando è socialmente accettabile essere raggiunti a tutte le ore del giorno e della notte dal suono di una notifica.
Ecco perché anche se oggi avrei dovuto parlarvi di novità, di libri da leggere quest’estate e altri consigli stagionali che possano essere attuali e di tendenza – parola chiave della nostra contemporaneità – ho deciso di parlarvi di bibelot (i ninnoli che le nostre nonne tenevano nelle vetrinette e di cui pullula la narrativa di Henry James), di antichità noiose e superflue, di storie fuori dal presente.
Certo, anch’io sono schiava del marketing e vi darò quanto prima i miei consigli per l’estate, non temete. Ma lasciatemi indugiare in questa parentesi. Nel frattempo, trovate qui e qui qualche suggerimento, se siete già piazzati sotto l’ombrellone.
La lettura di libri decisamente poco adatti alla frenesia del presente – come il mattone americano Ritratto di signora – è un allenamento continuo alla sorpresa. Non dovrebbe piacerci ciò che è distante da noi, salvo scoprire che i secoli addietro non sono poi così distanti da noi. La più grande soddisfazione nel tenere un gruppo di lettura sui classici è proprio quella di sentirsi dire: “Non lo avrei mai letto da sola e mi sarei persa un tesoro”.
Ecco, allora, che il mio girovagare per la Rete, alla ricerca di notizie totalmente inutili, ma per me meravigliose, su autori e autrici defunte assume i contorni non di un hobby francamente alquanto bislacco, ma quasi di una missione. Posso considerare le mie ricerche non l’equivalente di un umarell che guarda i lavori di un cantiere abbandonato, ma l’investitura sacra a trasmettervi informazioni inutili ma balsamiche.
Ecco, allora, una selezione delle mie ultime scorribande nell’inattualità:
Tolstoj doveva mangiare pere bollite per alleviare i suoi problemi digestivi (e ha scritto un libro che oggi potremmo considerare self-help). Bulgakov era ossessionato dall’idea di non avere abbastanza calzini. Cechov soffriva di FOMO e Turgenev rifiutava gli inviti alle feste, adducendo come scusa di avere pollici troppo piccoli per bere il tè. Questi e altri strani fattarelli sui weirdos della letteratura russa nello spassoso articolo di Viv Groskop.
Da Breaking Bad a Woody Allen, fino a I Simpson, la fortuna dell’aggettivo kafkiano nella cultura pop è dirompente, sostiene Claire Armitstead sul Guardian. È un mistero: perché un autore così oscuro come Kafka ha mantenuto una presa così salda sul pubblico – rigorosamente post mortem – e sull’immaginario collettivo? Persino su TikTok gli hashtag kafka e kafkaesque riportano migliaia di risultati.
“Ciò che è kafkiano”, scrisse il biografo di Kafka, Frederick Karl, “è la sensazione di entrare in un mondo surreale in cui tutti i tuoi schemi di controllo, tutti i tuoi piani, l’intero modo in cui hai configurato il tuo comportamento cominciano a cadere a pezzi. Non ti arrendi, lotti con tutte le tue forze. Ma ovviamente non hai alcuna possibilità”.Ebbene, forse questo descrive la condizione contemporanea, la sensazione che gli sforzi del singolo individuo siano futili, in un mondo troppo complesso e macchinoso, su cui non lasciamo impronte. Risiede qui la fama imperitura di Kafka?
A proposito, invece, di autrici ancora oggi ignorate dalla massa, qui un articolo bellissimo di Patricia Lockwood su quel genio di A. S. Byatt. Una donna superlativa che ha scritto di missive e manoscritti segreti, fiabe, ragnarok, bambini e lumache. Lo so, lo so. Tutto troppo bello per essere pienamente apprezzato dai comuni mortali.
Sullo stesso filone, qui un profilo sull’imperscrutabile Anne Carson.
Ricorrenze illustri
Il 15 giugno è la data in cui Clarissa Dalloway esce per andarsi a comprare dei fiori in Bond Street, a Londra. Questa giornata di metà giugno apparentemente comune è descritta in maniera eccezionale da Virginia Woolf in uno dei romanzi più importanti del Novecento: Mrs Dalloway.
Ogni anno per omaggiare la speciale occasione, l’Italian Virginia Woolf Society festeggia il Dallowday, una manifestazione culturale che vede la partecipazione di studiose, ricercatrici, scrittrici e traduttrici, unite per celebrare e soprattutto per divulgare il lavoro anticonformista dell’autrice inglese, trovando ogni anno nuove chiavi di lettura e interpretazione della sua opera.
Sul loro canale YouTube trovate alcuni degli incontri degli anni passati e tanti extra.
Editoria e dintorni
Dal 4 all’8 settembre ritorna il FestivalLetteratura di Mantova. Il listone di ospiti – sinceramente preferirei una modalità di comunicazione più agevole – promette benissimo: da Carrère a Mona Awad, Christelle Dabos (!!!), Paul Lynch, un po’ tutti gli italiani, Quammen, Deborah Levy e molti altri.
Siamo a metà anno, tempo di bilanci! La BBC ha stilato la sua selezione dei libri più rilevanti del 2024 pubblicati finora (in lingua inglese).
Il mercato editoriale americano ha un problema con le persone grasse?
Torna in libreria Octavia Butler per SUR che sta piano piano portando in Italia i tanti titoli di una delle autrici di fantascienza più radicali. Adesso è il turno de La parabola del seminatore, un’opera matura in cui “echi biblici, temi sociali e ambientalismo si fondono con ritmi e atmosfere da romanzo d’avventura, dando vita a un personaggio femminile profetico e modernissimo che incarna inquietudini, sfide e speranze del nostro tempo”.
Per i fan di Jonathan Franzen: dovrebbe arrivare quest’anno per Einaudi The Bee Sting di Paul Murray, finalista del Booker Prize 2023. Che c’entra, direte voi. La critica ha trovato numerose analogie tra i due autori, non solo per la scelta del racconto familiare, ma soprattutto per il tono di voce beffardo e tragico, al contempo.
Appuntamenti e miscellanea
È uscito un reading vlog in cui vi parlo di un’iniziativa molto vantaggiosa per avere un cashback del 50% in tutte le librerie convenzionate con Satispay (valido per i nuovi clienti, dall’11 al 23 giugno) con il codice ZODIACO. Qui i dettagli.
Prova gratis per 60 giorni gli audiolibri di Bookbeat (giusto in tempo per l’estate).
Il 24 giugno, alla libreria Colibrì a Milano, insieme a me e a Ester Viola, incontreremo Hua Hsu, autore del memoir Stay True. Tracce di un’amicizia, edito da NR edizioni, vincitore del premio Pulitzer 2023. Qui i miei pensieri sul libro (al min. 35:00, circa).
Ricordo l’appuntamento per i Mattoni Americani del 5 luglio alle 17:45/18:00 alla Hoepli Libreria a Milano per discutere su Di qua dal paradiso di Francis Scott Fitzgerald. Prenota il tuo posto scrivendo a press@hoepli.it
Per gli aggiornamenti sui Mattoni Americani online, invece, il 4 e il 5 luglio arriveranno il focus e la live di discussione su Ritratto di signora di Henry James e poi si leggerà Fitzgerald fino ad agosto (ci rivediamo a settembre con gli approfondimenti!).
Vi saluto con due memini che non fanno mai male!
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