Edgar Allan poe e gli altri scrittori delle origini – Mattoni Americani Extra
Un confronto tra le influenze culturali, le ossessioni comuni e i motivi più noti che percorrono il romanzo dell’Ottocento americano
In un momento di secchionaggine acuta, ho trascorso un intero mese a esplorare in lungo e in largo, studiando e prendendo appunti come al liceo, tutto ciò che di contestuale e sostanziale toccasse l’origine del romanzo “classico” statunitense. Questo papiro approfondimento è il tentativo – imperfetto e non esaustivo – di fare ordine nella mole di informazioni accumulata e di restituirvi un quadro dello scenario storico e culturale su cui vissero e scrissero i nostri tre moschettieri: Hawthorne, Melville e Poe (perdonaci, Mark Twain, un giorno ti amerò ma ho poco spazio, intanto ti lascio ai cultori della materia).
Ho suddiviso in più parti il lavoro in modo da alleggerire la lettura e migliorare la navigazione. Nel corso del testo, e poi sul fondo, trovate delle note a piè di pagina, se volete altre barbosità.
0. Una nota di contesto: le origini del romanzo dell’Ottocento tra puritanesimo e trascendentalismo
1. Gli scrittori del sangue: le opere fondative del Rinascimento Americano
2. Il corvo e l’albatro: la ricezione e l’influenza di Poe in Europa
3. Poe e il suo doppio, tra follia e razionalità, una figura atipica nel canone americano
4. Di case infestate, doppelgänger e altri motivi dell’orrore
5. Il problema della moralità
6. Simboli, feticismi e ossessioni
7. Una somiglianza spettrale: Hawthorne e Poe a confronto
0. Le origini del romanzo dell’Ottocento, tra puritanesimo e trascendentalismo
Dal punto di vista europeo, sicuramente da quello dei Padri Pellegrini – che dall’Inghilterra, a bordo del Mayflower, approdarono sulla costa del Massachusetts alla fine del 1620 – l’America simboleggiava una terra vergine, un nuovo inizio, la possibilità di fondare un Nuovo Mondo, lasciandosi alle spalle il peccato della vecchia e corrotta Europa e di creare un Paradiso in terra. Questo essenzialmente il primo mito degli Stati Uniti d’America, un territorio non ancora “contaminato” dal vizio, ancora salvabile dalla religione puritana.
Il retaggio puritano contribuì a plasmare la morale americana – almeno quella dei coloni – basata in gran parte sul rifiuto di una certa mondanità “papista”, una vita attiva al servizio della comunità, una fiera capacità di autogovernarsi e partecipare alla politica e un’etica del lavoro strettamente legata alla spiritualità (la disciplina e il successo professionale erano considerati segni di Grazia nel Protestantesimo). Al contempo, però, portò anche alla nascita di estremismi: un paranoico senso di sorveglianza della condotta degli altri e, di conseguenza, l’instaurarsi di un sistema punitivo e crudele contro tutto ciò che non si adeguava ai valori religiosi. Infatti, nelle prime colonie vigeva una teocrazia oligarchica (sempre perché l’accumulazione di ricchezze era interpretata come una prova di elezione divina). Non c’era nessuna distinzione fra autorità politica e religiosa. I processi erano di natura morale, come è ben esposto ne La Lettera Scarlatta di Nathaniel Hawthorne (pubblicato nel 1850, ma ambientato in Massachusetts nel Seicento) che racconta l’emarginazione di una donna rea di aver commesso adulterio.
C’era anche un altro tipo di spiritualità, però. Nell’Ottocento si diffuse un movimento poetico e filosofico noto come Trascendentalismo, tra i cui esponenti annoverava il caposcuola Ralph Waldo Emerson, uno dei pensatori più influenti della storia degli Stati Uniti, la giornalista Margaret Fuller e Amos Bronson Alcott (padre di Louisa May Alcott, autrice di Piccole donne, un altro importante mattone americano).
Influenzato dalla filosofia tedesca e incline a una visione vicina al panteismo, il pensiero trascendentalista interpreta la natura come una manifestazione divina. È la declinazione statunitense del Romanticismo, in cui si esalta positivamente l’individuo, la sua volontà e la sua “self-reliance” (un’ottimistica e americanissima fiducia interiore), la capacità di entrare in comunione e in armonia con il mondo circostante, di cui riconosce la sacralità. Ovviamente la maestosità della natura si sprigiona in particolare nella Grande America (e ti pareva), nella “sua vasta geografia che abbaglia l'immaginazione… L’America è un poema steso davanti ai nostri occhi”.
Le convinzioni di Emerson – a partire dalla corrispondenza tra anima individuale e anima dell’universo, che lui chiama oversoul, fino all’assoluta fede nelle forze del singolo e un certo idealismo neoplatonico – influenzarono immensamente la cultura americana. Il trascendentalismo – popolare soprattutto tra gli intellettuali di Boston, all’epoca epicentro della vita culturale del Paese – ispirò tanti artisti e scrittori: pensiamo alla concezione della natura e alla poetica vitalistica contenuta nella raccolta Foglie d’erba di Walt Whitman. Tra gli ammiratori del poeta c’era anche Henry David Thoreau che di Emerson fu grande amico e che a sua volta propugnava uno stile di vita basato sul contatto con la natura, la dignità e la libertà dell’essere umano. Sia Thoreau sia Hawthorne poi parteciparono – probabilmente anche per ragioni economiche – all’esperimento di Brook Farm, una comunità utopistica e idealista, di stampo trascendentalista, attiva dal 1841 al 18471.
1. Gli scrittori del sangue
Pur in un contesto ristretto di circoli universitari e regioni circoscritte all’area di Boston e New York, questa vivacità intellettuale – alimentata anche dal pensiero europeo che continuava a essere un imprescindibile termine di paragone, come uno spiritello fastidioso, quando non direttamente un demone abbarbicato sulla schiena – portò nell’Ottocento a creare all’interno della cultura statunitense delle spinte contrastanti e delle inevitabili fratture.