Southern Gothic: dalle origini all’attualità – Mattoni Americani Extra
Esploriamo uno dei sottogeneri più longevi e affascinanti della letteratura americana
Il Gotico Sudista (o Southern Gothic) è un filone letterario ancora molto vivo e sorprendentemente amato, persino in un’epoca dominata dalla tecnologia, o forse proprio per questo.
Sì, perché si tratta di un sottogenere popolato da storie in cui il tempo non scorre mai e i personaggi sono incapaci di accogliere il cambiamento, intrappolati in un passato (e in un luogo) da cui non possono scappare: il profondo Sud degli Stati Uniti, un insieme di regioni rurali, spesso molto religiose, che per motivi storici e culturali sono state lasciate indietro dal progresso industriale e si sono faticosamente adattate a una modernità “imposta dall’alto”.
Nonostante il territorio circoscritto preso in esame, questa corrente letteraria ha affascinato un pubblico molto ampio di lettori e scrittori che, infatti, hanno tenuto in vita il genere fino ai giorni nostri, creando una vera e propria estetica di culto, intrecciata con l’horror, che si riflette anche in altri media come il cinema e la televisione (esempi recenti sono Le strade del male di Antonio Campos o la serie tv True Detective).
Ma cosa definisce il Southern Gothic e quali sono gli elementi principali di cui si compone?
Oltre a eleggere come ambientazione principale il Sud degli Stati Uniti, il Gotico sudista comprende romanzi e racconti che mettono al centro personaggi eccentrici, disturbati e/o emarginati, dei “freak” che vivono in ambienti a loro ostili, in balia del degrado e della rovina, circondati da alienazione, povertà e violenza (che sono anche le tematiche principali del genere).
A livello letterario e stilistico, si tratta di storie grottesche, dai toni esasperati, dove si mettono in scena eventi macabri e sinistri, finanche disperati, ma non senza una dose di ironia e umorismo neri, che sovente rendono queste narrazioni addirittura surreali.
Tennessee Williams, uno degli esponenti del genere, ha definito il Southern Gothic come una sensazione antica di terrore insita nella modernità (“an underlying dreadfulness in modern experience”) che in letteratura viene declinato in narrazioni “infestate” dai fantasmi del passato, dalla schiavitù, dai segreti di famiglia, dall’insania e da tutti gli altri orrori che caratterizzano il solenne ma fatiscente Sud americano, un mondo di bellezza corrotta e di ricchezza perduta.
L’influenza del gotico
Date queste premesse, sarà facile comprendere il rimando al genere gotico, un territorio letterario sconfinato che nel corso dei secoli ha subìto tante metamorfosi e declinazioni, arrivando a toccare anche regioni lontanissime (come il Sud degli Stati Uniti!) rispetto alla sua origine.
In estrema sintesi, il Gotico – il cui cuore pulsante è situato in Europa Centrale e del Nord – nasce per opposizione all’Illuminismo. Infatti, lo stesso nome si rifà al popolo dei Goti e, in generale, a una certa nostalgia per il Medioevo, un periodo storico meno versato per la razionalità, l’armonia, la bellezza e l’ordine – diremmo, l’apollineo – ma più rivolto verso il dionisiaco, la sensualità, la realtà corporea, persino il turpe.
Anticipando e sposando il movimento più ampio del Romanticismo, il Gotico si contrappone all’eccessivo razionalismo settecentesco, enfatizzando altri aspetti del reale: le ombre, le passioni, la natura burrascosa, le tinte forti, il soprannaturale. Da qui provengono le ambientazioni tetre, le brughiere, le atmosfere maledette, “da incubo” che definiscono le storie gotiche. Così come le fantasie di imprigionamento e di isolamento che poi verranno ereditate e riprese dal Neogotico e rielaborate anni dopo dalle scrittrici femministe o interessate alla condizione femminile. Si veda, ad esempio, la rilettura della casa infestata fatta da Shirley Jackson o da Daphne Du Maurier.
In effetti, la versatilità del genere è ciò che ha permesso al Gotico di sopravvivere dal Settecento a oggi: ai precursori come Walter Scott e Horace Walpole – Il castello di Otranto (1764) è considerato canonicamente il primo romanzo gotico – sono seguiti i rappresentanti più noti del genere come Ann Radcliffe e Mary Shelley, poi gli scrittori romantici nell’Ottocento, le riletture in chiave horror novecentesche, anche in ambito più commerciale come nel caso di Anne Rice, e arrivando infine alla contemporaneità attraverso la corrente latina neogotica di Mariana Enríquez, Layla Martinez, ecc.
Nel corso dei secoli e nel corso di questi attraversamenti – di regione in regione, addirittura di continente in continente – il macrogenere del Gotico ha subìto tante contaminazioni. Negli Stati Uniti, per esempio, gli elementi gotici sono stati ripresi da scrittori diversissimi tra loro come Edgar Allan Poe e Nathaniel Hawthorne, ma anche da Edith Wharton e Louisa M. Alcott.
Come mai però proprio nel Sud degli Stati Uniti si sono venute a creare le condizioni per dar vita a un sottogenere così peculiare e fertile? Quali sono le caratteristiche che hanno reso il Gotico Sudista così influente e rilevante nel panorama letterario?
Origini e contesto storico
I prodromi del Southern Gothic come corrente letteraria si ritrovano già nel diciannovesimo secolo in Mark Twain, uno dei padri del romanzo americano, impegnato a denunciare e a satireggiare le storture e i gravi disagi in cui versava il Sud, impregnato di razzismo e povertà. Già in questo autore si nota la volontà nella letteratura del Sud di voler sovvertire il significato “classico” della narrazione – per esempio, creando storie di formazione per nulla edificanti come ne Le avventure di Tom Sawyer (1876) o Huckleberry Finn (1884) – riformulandole in una cornice grottesca e beffarda1.
Questa tradizione si consoliderà, però, nel Novecento e, in particolare, dagli anni Trenta in poi – tanto che si parlerà di “Rinascimento Sudista” – grazie all’opera di scrittori come William Faulkner, Erskine Caldwell, Eudora Welty, Carson McCullers, Tennesse Williams, Flannery O’Connor, e poi successivamente Harper Lee, Truman Capote, Cormac McCarthy, ecc. fino ai giorni nostri.
La letteratura di questi autori – almeno in certe opere, dato che nessuno di loro rientra unicamente ed esclusivamente nel genere – riprenderà in maniera unica e originale i tropes della tradizione gotica – come l’idea del mostruoso e del deforme, della turpitudine morale, dell’intrappolamento e del fatalismo – e li combina con il folklore del cosiddetto “deep south” (che aveva il suo epicentro letterario in Georgia), un territorio formato per lo più da zone rurali e piccole cittadine che diventano l’ambientazione di storie “maledette” con protagonisti perduti, tormentati da dissidi religiosi e dal radicalismo di una società bigotta e razzista.
All’inizio l’etichetta di “southern gothic” veniva considerata dispregiativa, tanto che Eudora Welty stessa si indignò per essere stata associata al sottogenere2. In effetti, con questa definizione si intendeva descrivere narrazioni sensazionaliste in cui si faceva un uso gratuito della violenza e si esasperavano gli aspetti più gretti della cultura sudista (per esempio, uno dei motivi del genere era il linciaggio). Ma bisogna sottolineare che furono proprio le atmosfere “asfissianti” e maledette di questa tipologia di storie a garantire la longevità del genere che, da un lato, traeva spunto e influenza dal Romanticismo e dal Naturalismo di scuola francese – in cui era dato ampio spazio alle malattie del sangue e all’ereditarietà genetica – e dall’altro, si intrecciava ai problemi culturali e alla Storia fallimentare del Sud degli Sati Uniti.
Non è un caso che il Gotico, con la sua ossessione per i fantasmi del passato, non attecchì nelle metropoli del “Nuovo continente”, così votato alla purezza, alla verginità, alle sue sponde incontaminate, alla sua mitologia che faceva del futuro il proprio idolo. Al contrario, attanagliò l’immaginazione di un territorio che, dopo aver perso la Guerra Civile (1861-1865), iniziò a coltivare una versione di gran lunga più rassegnata dell’avvenire e che fece del passato il suo santuario e la sua maledizione.
Il Deep South – North Carolina, Tennessee, South Carolina, Georgia, Alabama, Mississippi, Louisiana e Florida – usciva dal conflitto civile dilaniato su più fronti: non solo avevano perso la guerra a livello militare, ma avevano anche subìto danni demografici ed economici ingenti (si stima che morì il 30 per cento degli uomini tra i 18 e i 40 anni), tanto da trovarsi a dover “ricostruire” intere comunità; e soprattutto, il loro senso di identità sociale e culturale era stato completamente sconquassato dalla conseguenza più eclatante della Guerra, ovvero l’abolizione della schiavitù, su cui si basava il loro intero ecosistema.
Con il collasso della Confederazione – e il conseguente tentativo di separarsi dal resto degli USA – e dopo l’emancipazione degli schiavi, non andava ricostruita e trasformata soltanto l’intera economia degli stati del Sud – fino a quel momento, basata sulle remunerative coltivazioni di riso, tabacco e cotone, portate avanti dalla manodopera schiavile, a bassissimo costo – ma doveva anche essere cementata l’integrità nazionale. Gli anni successivi – ma in realtà i decenni successivi, fino al Novecento – furono dedicati, con esiti incerti, alla difficile convivenza tra gli ideali distrutti della causa sudista e l’industrialismo del Nord (il movimento culturale della “Lost Cause” è un esempio del sentire comune dell’epoca).
Questo risentimento sudista nasceva dal considerare la proibizione della schiavitù come una conclamata violazione dei diritti costituzionali dei cittadini, oltre che un’ingerenza federale. Il fatto di aver perso la guerra, quindi, non rappresentava solo un danno ma una vera e propria ingiustizia e soprattutto un’espropriazione. Al Sud veniva ora imposto di essere inglobato in un sistema di leggi e di regole che non sentiva come proprie. Aleggiava, quindi, un senso di fatalismo nel loro fallimento, un senso di onore nel loro insuccesso.
Al di là dei giudizi etici che la nostra sensibilità ci impone di fare, è fondamentale capire che è da questo senso di rovina e di spoliazione che deriva poi il rigurgito reazionario e razzista che portò alla formazione del Ku Klux Klan e della segregazione razziale (infatti, gli schiavi liberati non ottennero subito i diritti civili che vennero messi al centro dell’attivismo e dell’agenda politica negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento).
Di fatto, il Nord imprenditoriale e finanziario soffocò l’economia del Sud agrario e schiavista, provocando una ferita difficile da sanare e fortissime tensioni che, per certi aspetti, perdurano ancora oggi nella paradossale e composita cultura del territorio americano.
Sembra quasi che la Guerra di Secessione abbia segnato il destino “perdente”, sconfitto e quindi tragico e rassegnato di questo territorio, rendendolo ancora oggi “una nazione dentro la nazione”3.
Temi e motivi
Alla luce del contesto storico, si può comprendere come le ambientazioni del Southern Gothic mettano in luce una devastazione materiale (figlia anche dello sforzo bellico) ma, più in generale, una mancanza di prosperità. Sono infatti solo un lontano ricordo gli enormi profitti provenienti dalla schiavitù per un’aristocrazia agraria che non solo rimpiange la propria ricchezza e i propri ideali perduti, ma che soffre di una corruzione che sente nel proprio sangue e che viene ereditata dai propri figli e nipoti. Questo senso di decadenza – che rivolge anche lo sguardo a un passato meno caotico e più gerarchizzato – riprende da vicino alcuni elementi presenti nel gotico vittoriano.
Si veda, in questo caso, l’opera del drammaturgo Tennessee Williams, particolarmente attento a mostrare come il peso delle tradizioni e del passato schiaccino i personaggi femminili. In Un tram chiamato desiderio (1947) viene narrata la storia di Blanche DuBois, una Southern belle (giovani nubili, figlie di ricchi proprietari di piantagioni, in attesa di sposare dei gentiluomini sudisti) che, dopo aver perso tutto il patrimonio familiare, va a vivere nell’appartamento di New Orleans di sua sorella Stella e del cognato Stanley Kowalski, un bruto che rappresenta l’opportunismo e la rapacità del “Nuovo Sud”, in contrapposizione al “Vecchio Sud” di cui la famiglia di Blanche rappresentava una degli ultimi esemplari. Senza mostrarsi nostalgico ma anzi sottolineando le tensioni contrastanti e paradossali tra passato e presente, il dramma mette in scena la morte dell’ordine tradizionale, degli “Old Money” e l’avvento dell’individualismo imprenditoriale. A porre l’accento sulle tematiche sessiste sono anche il romanzo di Eudora Welty, La figlia dell’ottimista, vincitore del Pulitzer nel 1973, o il classico Their Eyes Were Watching God di Zora Neale Hurston (1937).
Ma le classi superiori in rovina non sono di certo le uniche classi rappresentate nel gotico sudista. Infatti, a pattugliare le pagine di questi romanzi sono soprattutto gli outsider, i diseredati, i lavoratori stagionali, i delinquenti, le prostitute, i braccianti, i predicatori, gli ex-schiavi e tutta la risma di disgraziati che vivono in una realtà fatta di povertà endemica.
Non stupisce quindi che i temi e i motivi abbracciati dal genere riflettano l’ambiente circostante: c’è una sorta di insania all’interno di queste narrazioni, una disperazione, una follia che contagia i personaggi, in qualche modo già rovinati e curvi sotto il peso di un destino già scritto per via di un sangue guasto o di un ramo familiare “dannato”.
È, per esempio, il caso de La saggezza nel sangue (1952) di Flannery O’Connor (dove il protagonista ritorna alla sua casa di famiglia in Tennessee, trovandola in stato di abbandono) o della famiglia Compson ne L’urlo e il furore (1929) di William Faulkner in cui si sono innestate la malattia mentale e la perversione.
Nel primo romanzo, Hazel Motes, terminato il servizio di leva, ritorna in Tennessee e inizia un pellegrinaggio folle insieme a un predicatore di strada cieco, Asa Hawks. Hazel, però, inizia a predicare una propria religione, quella della “Chiesa senza Cristo”, in una terra di truffatori, lolite e disgraziati ma il vero conflitto è nel suo sangue, all’interno del protagonista, diviso tra i suoi istinti e i suoi ideali di integrità.
Anche nel romanzo di Faulkner la crisi alberga all’interno dei personaggi. L’autore dà voce a tutte le ossessioni e i fanatismi di un Sud irrimediabilmente decadente, attraverso la storia familiare dei Compson, narrata da quattro punti di vista diversi e inconciliabili, tra cui quello spezzato del fratello maggiore, affetto da un disturbo mentale. La famiglia, tormentata da rapporti patologici e incestuosi, malattie e problemi economici insanabili, diventa il teatro di tutti i drammi sociali del profondo Sud: l’ossessione per il peccato, l’ostilità razziale e la lotta radicale tra bene e male.
In entrambi questi romanzi, centrali sono le tematiche di redenzione (impossibile da compiere) per una non ben specificata colpa insita nell’animo dei protagonisti. È come se fosse lo stesso luogo che abitano e il passato che vi soggiace a condannarli a un tormento senza salvezza. Lo dimostra anche l’insistenza sull’ereditarietà e lo scavo genealogico (per esempio in Faulkner): i semi del male e della corruzione “infettano” poi il tronco, i rami e tutte le generazioni successive dell’albero familiare.
Rintracciamo quindi nel Gotico Sudista il tentativo di rappresentare il peso schiacciante – portato dall’intera cultura del Sud e quindi da tutti i personaggi – di aver commesso un peccato originale: sia esso connaturato alla natura umana (e quindi legato alla fede religiosa e alle Sacre Scritture) sia invece un prodotto del male compiuto in Terra, attraverso la schiavitù, il razzismo e la concatenazione di violenza e intolleranza che ha pervaso questi territori.
La violenza e la colpa sono le due tematiche principali del genere e si declinano in forme diverse, a seconda dell’autore. Per esempio, nel capolavoro di Flannery O’Connor, Il cielo è dei violenti (1960) si evince già nel titolo che la violenza presa in esame è quella religiosa. Il romanzo racconta di uno scontro radicale tra fanatismo e razionalità, incarnati rispettivamente da due personaggi che cercheranno di influenzare un giovane ragazzo, Francis, diviso tra dogmatismo e “normalità”.
Cresciuta nella Bible Belt, questa scrittrice eccentrica e formidabile che allevava pavoni – morta precocemente, a soli 39 anni, di lupus – nutrì la sua fede attraverso una scrittura che catturava il mistero dell’esistenza, senza mai rivelarlo del tutto (i suoi sono tra i romanzi più enigmatici della storia della letteratura americana), e soprattutto, da credente, non ebbe paura di mostrare i lati più oscuri della religione e il fondamentalismo violento del Sud che considerava una perversione. Il razzismo, che spesso nei suoi romanzi e in quelli di Faulkner si intreccia con il conservatorismo protestante, secondo Flannery O’Connor rappresentava una ferita che squarciava il Sud, oltre a incarnare un paradosso ipocrita considerando l’accanito cristianesimo di cui la tradizione si ammanta e che dovrebbe predicare l’amore verso il prossimo4.
Anche in Faulkner il razzismo sembra essere una maledizione che spinge a compiere e a generare altra violenza in un cerchio che non ha mai fine. Si veda in questo caso Luce d’Agosto, in cui il protagonista comincia a credere di avere “sangue nero” (continua l’ossessione per il sangue) e quindi di essere marchiato, e di portare dentro di sé il seme del male, iniziando a compiere gesti autodistruttivi e crudeli, come se fosse determinato dalle sue origini ma, in realtà, suggestionato dal razzismo della società. La vera colpa atavica che sembra suggerire Faulkner, infatti, è proprio il fallimento della comunità attorno a Christmas, questo il nome inequivocabile del protagonista che, come Cristo, verrà messo sulla croce da persone che credono di essere nel giusto.
La particolarità del testo non sta solo nei suoi echi orrorifici, ma anche nella sua ambiguità morale: non ci sono vittime o carnefici ma i confini sono particolarmente sfocati, ciascuno agisce in un contesto marcio, di violenza e turpitudine. Le ostilità razziali e il radicalismo creano un’atmosfera mefistofelica che tutti i protagonisti respirano, alimentando risentimento e rassegnazione in egual misura.
Ritornano qui altri motivi del Gotico Sudista delle origini: come l’ostilità nei confronti del Nord rapace e industrializzato che ha detronizzato la società sudista, il rimpianto per la “Lost Cause” della Guerra Civile e la difficile convivenza tra bianchi e neri che si ripercuote in maniera traumatica sulla psiche dei personaggi.
L’innovazione di Faulkner, infatti, sta nell’utilizzo di un flusso di coscienza che arriva a descrivere stati d’animo così alterati da diventare quasi “soprannaturali”. Quest’ultimo punto verrà ereditato e declinato anni dopo nella letteratura del Premio Nobel per la letteratura Toni Morrison, che in Amatissima (1987) segue la storia di Sethe, fuggita dalla schiavitù ma ancora perseguitata dai fantasmi che infestano la sua nuova abitazione, tra cui quello di sua figlia, uccisa per sua stessa mano.
Elementi stilistici e peculiarità del genere
Nonostante nel Southern Gothic si assista apparentemente al trionfo semi-assoluto del male, una delle particolarità del genere è proprio la capacità di far coesistere comico e tragico. Accanto a una solennità biblica che spinge certi autori a cucire un tessuto simbolico legato alle Sacre Scritture – la casa che va a fuoco in un atto di purificazione e, al contempo, di devastazione è uno dei motivi portanti del Gotico Sudista, per esempio – riscontriamo un umorismo e un’espressività vernacolare tipica del Sud, condito da aneddoti, folklore e tradizioni che affondano le proprie radici nel colore e nella storia locale e che mettono in luce un’umanità non sempre cupa ma anche capace di grande nobiltà d’animo.
In effetti, un altro motivo esplorato dal genere è l’isolamento di questi territori rispetto al resto degli Stati Uniti. Ed è proprio in virtù di questa separazione che queste “small town” in Tennessee, Mississippi, Louisiana, Georgia diventano dei regni a parte, dei mondi alternativi alla realtà in cui gli scrittori possono immaginare meccanismi diversi. Ecco perché si parla spesso di realismo magico nel genere (anche nella contemporaneità si veda l’opera di Tiffany McDaniel come L’estate che sciolse ogni cosa, sebbene ambientato in Ohio).
Laddove il gotico aveva i suoi castelli, qui ci sono le piantagioni ma permane la sensazione di trovarsi in uno “strange place”. Questa percezione è accentuata dall’uso di toni esasperati, dall’enfasi verso questa atemporalità – tanto questi luoghi sono ancorati a un passato maledetto – da un simbolismo criptico e da una sorta di primitivismo.
Tutto ciò spiegherebbe anche il successo imperituro del genere: si tratta di luoghi fuori dal tempo, che hanno ormai preso posto nell’immaginario collettivo e rimangono ère insuperate e insuperabili che si sono in parte emancipate dalla Storia, un po’ come i topos fantasy e la mitologia.
Il fascino di questa ambientazione non deriva, però, soltanto dal suo essere stato lasciato indietro dalla Storia, ma anche dal suo essere stato attraversato dalla Storia. Lo scrive bene Tennessee Williams, cercando di spiegare perché la cultura sudista – senza essere romanticizzata – ha avuto una presa così salda sulla sua scrittura:
I write out of love for the South … once a way of life that I am just old enough to remember – not a society based on money … I write about the South because I think the war between romanticism and the hostility to it is very sharp there.
The Kindness of Strangers: The Life of Tennessee Williams di Donald Spoto
Ad accendere la sua immaginazione, quindi, è stata la visione di un Sud distrutto e danneggiato, terreno di profondissimi conflitti e per questo capace di grande intensità.
È anche il caso della scrittrice Carson McCullers che, a soli 23 anni, pubblica The Heart is a Lonely Hunter (1940), in cui oltre al racconto di una terra frantumata, osserviamo anche l’incontro e lo scontro di personaggi dagli animi e dai corpi spezzati.
Un altro motivo del Gotico Sudista è, infatti, quello della menomazione, mentale o fisica, e dello sfoggio di corpi non conformi, la cui deformità paradossalmente rivela spesso una purezza di cuore e, al contrario, mostra la mostruosità della società che li rifiuta e li disdegna. Si veda anche Mentre morivo di Faulkner dove il personaggio di Darl, che finirà in manicomio, è in verità il più sano della famiglia, in grado di accedere a una visione profetica dell’avvenire.
Tornando al romanzo di Carson McCullers, il protagonista John Singer è sordo ma quasi tutti gli altri personaggi hanno delle caratteristiche che li deviano dalla norma: disturbi del comportamento, alcolismo, infortuni sul lavoro che hanno portato a dolori cronici o menomazioni, ecc.
Nonostante lo stesso titolo rimandi alla solitudine e all'isolamento a cui in teoria sarebbero destinati i protagonisti, c’è in realtà un messaggio di speranza all’interno del libro: si può trovare sollievo tra outcast, c’è del conforto nell’altro e ci si può sentire all’interno di una comunità, pur nella sensazione di essere stati tagliati fuori dal territorio della normalità.
Il fascino della decadenza del Sud e della solitudine esistenziale dell’uomo, enfatizzata da grandi paesaggi deserti, sono tematiche riprese successivamente da un altro gigante della letteratura americana ovvero Cormac McCarthy. Anche se le sue ambientazioni western sono le più note, il suo titolo più gotico – tra i meno popolari ma tra i più apprezzati dalla critica – è Suttree, romanzo del 1979, considerato l’Ulisse del Southern Gothic, ambientato a Knoxville in Tennessee: un mondo brutale e cupissimo, abitato da uomini e donne dalle esistenze derelitte che si lasciano trascinare dalla corrente del fiume Tennessee. Nonostante a tratti sembri una storia dell’orrore, carica di violenza e follia, non mancano i momenti teneri e comici, di amicizia e solidarietà, creando una combinazione unica tra asprezza e commozione.
D’altra parte, è propria del Gotico l’indagine sugli aspetti più inusuali, turpi e finanche mostruosi del reale. È la stessa logica di uno dei primi casi di “true crime” scelti dalla letteratura, ovvero A sangue freddo (1966) di Truman Capote, un testo ibrido tra romanzo e nonfiction, destinato a portare all’autore una popolarità e un successo clamorosi.
La vicenda è nota: Capote, in un primo momento insieme all’amica e scrittrice Harper Lee, decide di scoprire in prima persona cosa ha spinto due giovani uomini a sterminare una famiglia di agricoltori e proprietari terrieri in Kansas. Lo scopo evidente era la rapina – il piano era quello di aprire la cassaforte che la famiglia teneva in casa – ma dietro quelle ragioni ce ne sono altre, molto umane e legate all’ingiustizia sistemica che lo scrittore, dopo una lunga frequentazione dei due assassini, sviscererà nel suo romanzo che, oltre tutto, è incentrato sullo shock creatosi all’interno della piccola comunità di provincia in cui il quadruplice omicidio avvenne5.
Abbiamo osservato come la consapevolezza di vivere in una cultura fatiscente, che sbiadisce lentamente, porta queste narrazioni a oscillare tra l’inserimento di elementi romantici, di fascinazione e suggestività, e, dall’altro lato, nel porre l’accento invece sulla crudeltà, sulle ingiustizie e le storture di una terra, incatenata al passato e pervasa dalla discriminazione e dalla violenza.
Da questa contraddizione emergono anche personaggi eccentrici, emarginati, turpi, moralmente abietti o vili, a seconda dei casi. Comunque tutti impegnati a cercare di dare un senso a un mondo che è andato avanti senza di loro. E la letteratura è impegnata con loro a raccontare questo dissidio.
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Ciao Ilenia, sono iscritto da poco ma ti seguo da anni su YouTube. Ogni tuo post mi rende felice soprattutto sulla letteratura americana. Ho un gruppo su Fb in cui racconto la vita quotidiana americana, gli aspetti positivi e negativi degli Usa, la loro cultura e tradizioni (vivo in Usa da 20 anni). Mi stavo chiedendo: si possono condividere questi tuoi post?