Il Gotico italiano: un genere marginalizzato
Analisi di una narrativa ibrida che ha mescolato gli elementi tipici dei racconti gotici a quelli della realtà e della quotidianità, e che si differenzia rispetto al Gotico europeo
Nell’Ottocento si assisté a una ripresa dei motivi gotici, mai completamente sopiti nell’immaginario comune ma ora arricchiti da nuove prospettive legate all’industrializzazione e all’espansione dei grandi centri urbani.
Un esempio su tutti è quello di Matilde Serao e del marito Edoardo Scarfoglio, che forti della loro esperienza giornalistica a Il Mattino, periodico da loro fondato a Napoli, s’ispirarono a fatti di cronaca e a testimonianze reali per la stesura dei loro romanzi e racconti, seguendo il modello naturalista anche per ciò che concerne il tentativo di denuncia sociale delle classi meno abbienti.
Infatti, il risultato del repentino e disordinato sviluppo urbano diede vita a fenomeni di estrema miseria e degrado: Il ventre di Napoli (1884) e Il paese di cuccagna (1891) descrissero le conseguenze psicologiche del gioco del lotto in tutte le classi della società napoletana. La cornice realistica della narrazione di Serao non esclude la presenza di elementi patetici, esagerati e provenienti da una declinazione più “urbana” del gotico. D’altra parte è nello stesso Zola, modello naturalista di Serao, che notiamo espressioni a tinte forti, accenni orrorifici e d’effetto (sottolineando come una fredda impersonalità nella fiction sia sempre e comunque un’utopia…).
L’influenza del gotico si adatta ora all’evoluzione e all’espansione dei grandi centri metropolitani del tempo: al posto del castello, con le sue torri e i suoi sotterranei, abbiamo la città labirinto con i suoi vicoli, il sottobosco criminale e i suoi “misteri”1.
Fred Botting, nel volume Gothic, ha teorizzato quindi l’esistenza di un “gotico urbano” come una declinazione ottocentesca in cui emerge quel senso di minaccioso disorientamento provocato dalle trasformazioni del tessuto cittadino che diventa una fornace industriale spietata che inghiotte i suoi abitanti o li fa morire soffocati nel suo miasma.
Come ribadito per Serao, la novità è che questi testi sono di natura quasi investigativa e sociologica, ricorrendo alla cronaca e ai giornali per garantire la vicinanza al reale, come Il Ventre di Napoli che descrive la diffusione di un’epidemia di colera (quello della malattia per altro è un motivo ricorrente nella letteratura di questi anni, se ne parlerà anche ne I Vicerè).
Nel testo di Serao la metafora del labirinto diviene un modo per trasformare la città nel moderno equivalente della magione gotica: remota, impenetrabile e ostile. L’irregolarità dei vicoli, delle corti e delle strade provoca ansia e timore. Serao scrive che perfino «i napoletani istessi […] non conoscono tutti i quartieri bassi», sottolineando la non familiarità, l’inaccessibilità e l’inconoscibilità di certe aree della città. Il paesaggio urbano, ne Il Ventre di Napoli, appare desolato e disturbante, una rovina moderna, atrofizzata e decadente, che ricorda come la città sia stata ormai abbandonata da coloro che avevano il compito di amministrarla.
Stefano Serafini in Gotico e misteri nell’Italia post-unitaria
La descrizione di ambienti insalubri e degradati dei bassifondi – con uno scopo “alto” di denuncia politica e sociale – si concretizza nel testo attraverso un largo uso del mostruoso, l’indugio sul dettaglio raccapricciante e adottando scelte stilistiche sensazionalistiche.