Dino Buzzati, genio poliedrico e maestro del fantastico – Mattoni Italiani Extra
La carriera eclettica di un grande autore del Novecento Fantastico in Italia, in grado di incantare un vasto pubblico di lettori
La carriera eclettica e la produzione poliedrica di Dino Buzzati, in un’epoca che andava sempre più verso la specializzazione e il trionfo della tecnica, è stata vista a lungo, troppo a lungo, con “sospetto” e pregiudizio.
Questo grande autore del Novecento è stato erroneamente catalogato come uno scrittore part-time, per via della sua attività giornalistica molto intensa, oppure giudicato troppo semplicisticamente dai critici letterari che, definendolo “kafkiano”, gli hanno inevitabilmente affibbiato la reputazione di un autore derivativo e poco originale, adatto al grande pubblico (come se fosse un problema…).
Invece, la rilettura delle opere di Buzzati, in particolare i racconti, stupisce, oggi come ieri, per estro, ironia e capacità affabulatoria. Le sue sono fiabe contemporanee, dalle tematiche universali e dallo stile limpido. Il suo lessico chiaro e diretto all’epoca fu poco apprezzato dai salotti perché considerato una deriva giornalistica che abbassava il tono letterario (poi le tendenze retoriche del periodo erano ben più magniloquenti), ma in realtà questa “semplicità” è lo scheletro che sorregge un apparato stilistico ben più complesso, fatto di assonanze, allusioni e ripetizioni che danno vita a un mondo a parte, propriamente buzzantiano, coerente in ogni suo lavoro e ambivalente, ora angosciante, ora malinconico, ora favoloso.
Inoltre, proprio la sua prosa accessibile ha contribuito sia a renderlo un autore di successo in vita sia, successivamente, a preservarlo dai segni del tempo, tant’è che oggi è più attuale che mai. Forse il suo più grande merito, in questo momento storico così prosaico in cui tutto è rivelato dalla scienza e serializzato dalla riproducibilità tecnica, è quello di aver ridato corpo e sostanza al mistero, mettendo l’enigma dell’esistenza umana al centro delle sue riflessioni. L’opera per me più “buzzantiana”, infatti, è proprio La boutique del mistero (1967) che si limita, è vero, a fare una selezione di racconti già pubblicati ma lo fa con un’intelligenza e una sapienza tale da renderlo la sua vera eredità letteraria, oltre che un perfetto punto di partenza per iniziare a leggerlo.
Ma quali sono gli elementi che l’hanno reso uno dei più importanti autori del Novecento e del Fantastico italiano? E quali quelli che vanno approfonditi in un’ottica contemporanea?
I tanti volti di uno scrittore duttile
Dino Buzzati (1906 - 1972), originario di San Pellegrino, in provincia di Belluno, nasce in una famiglia agiata e colta, da madre discendente da nobili veneziani e padre giurista. Il legame con la casa familiare è particolarmente speciale, anche per la collocazione geografica, vicina alle Dolomiti. Infatti, l’amore per l’alpinismo si manifesterà anche nell’opera buzzantiana, dove spesso le montagne diventano protagoniste. Le risorse e la ricca biblioteca familiari permettono all’autore, fin da giovanissimo, di arricchire la sua cultura, di studiare musica e di appassionarsi alle arti figurative (in vita sarà anche pittore). Studia al Liceo classico Parini di Milano, città in cui si trasferiscono per l’impiego del padre all’Università Bocconi, e dopo la laurea in Giurisprudenza, Buzzati inizierà un praticantato al Corriere della Sera, il giornale presso cui lavorerà tutta la vita con impieghi diversi: da cronista di nera a critico d’arte, da commentatore de Il Giro d’Italia fino a inviato di guerra. Per conoscere a fondo la prolifica e significativa attività giornalistica di Buzzati al Corriere si veda Cronache Terrestri, raccolta postuma del 1972 dei suoi articoli.
Già dall’inizio degli anni Trenta, Buzzati inizia a pubblicare racconti fantastici e surreali, proprio sul Corriere, ma si tiene molto distante da qualsiasi tipo di corrente e salotto letterario. Non si riconosce in nessun gruppo o scuola di scrittura, così come in particolari posizioni politiche (se escludiamo un generale conservatorismo e l’adozione di un cauto ambientalismo che analizzeremo meglio dopo)1.
Le sue prime opere – Bàrnabo delle montagne (1933), Il segreto del bosco vecchio (1935), La famosa invasione degli orsi in Sicilia (1945) – hanno un sottofondo fiabesco e pochi riferimenti temporali precisi: ci troviamo in un immaginario eterno e universale che, però, pur nella trasfigurazione fantastica, riesce a parlare direttamente al nostro presente. Per esempio, sia Bàrnabo sia Il segreto del bosco pongono al centro la sacralità della Natura e la violenza del progresso che spinge gli esseri umani, incapaci di rispettare i propri limiti, a sopraffare e a depredare l’ambiente attorno. Anche ne La famosa invasione degli orsi ritorna il tema dell’avidità umana, che addirittura “contagia” anche un’altra specie, rendendo egoisti e ubriachi di potere degli apparentemente pacifici orsi di montagna.
Un’altra caratteristica che ritroveremo è l’incursione del fantastico come elemento esterno, oltre l’umano (che invece è banale e prosaico). Al di fuori della monotonia dell’uomo moderno, esiste ancora la magia, per chi sa vederla. Il Bosco Vecchio, per esempio, è popolato di geni, alberi viventi e animali parlanti. Quelli di Buzzati sono quindi sempre luoghi metafisici in cui l’autore intende far specchiare qualsiasi tipo di lettore, di qualsiasi età, sesso, provenienza. Grazie al ricorso al fantastico, crea storie che parlano di e per l’umanità nel senso più ampio possibile.





