Mattoni Americani – Sfida di lettura 2024
Un libro ogni due mesi. Sei classici da leggere in un anno. Tanti approfondimenti e nuove chiavi di lettura e interpretazione per alcuni titoli intramontabili della letteratura americana
Il 2024 sarà l’anno dei Mattoni Americani, o almeno, alcuni mattoni americani. Stavolta la selezione di classici è stata più difficile del solito, sia perché eleggerne solo sei equivale a un torto bello e buono per tutti gli altri esclusi (e sono tanti), sia perché è stato arduo trovare un equilibrio tra la possibilità di scegliere libri e autori sottovalutati e trascurati qui in Italia (nell’ottica di rivalutarli) e la necessità di scegliere romanzi interessanti e mediamente popolari che suscitassero comunque una certa curiosità nel progetto, il cui obiettivo è, appunto, avvicinare le persone ai classici.
Aggiungiamo, poi, che la letteratura romanzesca statunitense nasce e matura nell’Ottocento, insieme con l’identità della giovane nazione che la ospita, ma si svilupperà in maniera ineguagliabile proprio nel Novecento, quindi è stata una svolta naturale provare ad andare al di là del confine temporale dei “tipici” mattoni, scegliendo anche romanzi pubblicati nel Secondo Dopoguerra.
Non ravvisate quindi in questa cernita il benché minimo e velleitario tentativo di esaustività o di esemplarità. Per avere un quadro della letteratura americana completo, tocca leggersi manuali e saggi ad hoc. Ne ho fatta una brevissima selezione per voi qui (insieme a tanti altri romanzi e antologie da leggere, extra programma).
Prima di giustificare le mie scelte, però, partiamo da un altro interrogativo: perché l’America? Be’, perché la letteratura americana – così giovane, così moderna – è un mio grande amore, uno dei primi, insieme a quei matti dei russi. Holden, Gatsby, Jo March e tanti altri personaggi indimenticabili della mia adolescenza hanno giocato un ruolo chiave nella scelta di questo percorso di lettura.
La letteratura americana, poi, racchiude in sé la metafora del viaggio, come quello che compiamo noi ogni anno con il nostro gruppo di lettura: una nazione che è stata inventata anche da un pellegrinaggio non poteva che adottare il simbolo dell’attraversamento del confine, del viaggio verso la Terra Promessa, verso la Terra Vergine, come forma mentis.
Sono tante le contraddizioni che attraversano i romanzi americani: quel senso di wilderness e di wonder per la natura sconfinata e i paesaggi di frontiera si contrappongono al mito della civiltà e della metropoli con i suoi grattacieli e il suo skyline d’acciaio. Un’America sempre divisa tra l’eredità dei valori puritani e culturali della vecchia Europa e la luccicante e autoctona fede nell’economia, nella tecnologia e nell’individualismo come forze trainanti del progresso. E ancora l’America è da sempre sinonimo di rinascita, di purificazione, di possibilità infinita. Ma anche di pericolo, di paradosso, di solitudine. Qual è il suo vero volto?
Da dove nascono il Sogno e il Mito? Alla fine del viaggio, ognuno di noi se ne farà un’idea.
Molliamo gli ormeggi e imbarchiamoci.
A gennaio e febbraio, leggeremo Moby Dick di Herman Melville (1851).
Inevitabile partire dal monstre della narrativa statunitense, il padre della letteratura d’oltreoceano, che crudelmente, durante la sfortunatissima carriera di Melville, nessuno trattò con il dovuto rispetto. È difficile da credere ma il romanzo al suo debutto fu completamente trascurato dai suoi contemporanei, sia il pubblico sia la critica lo accolsero con un assordante gelo.
Oggi la balena bianca – come metafora del Male, della Natura, come simbolo del bisogno dell’uomo di creare simboli – è l’epitome della letteratura americana, l’elemento fondativo del Grande Romanzo Americano nel suo tentativo di intrappolare l’essenza degli Stati Uniti in forma scritta, di tracciare dei confini a un territorio sconfinato e immensamente misterioso. Libro per certi aspetti incomprensibile, diviso tra trascendenza e manualistica di navigazione, lunghissimo, tragico, un po’ folle come il suo autore.
Lo so che non avete ancora trovato il coraggio di leggerlo, per questo lo faremo insieme. Ora o mai più.
A marzo e aprile leggeremo invece L’età dell’innocenza di Edith Wharton (1921).
Ci sono tantissime scrittrici che si sono occupate del tema dell’apparenza, dei ruoli di genere, degli obblighi e delle ipocrisie della società americana durante e oltre la Gilded Age. I primi nomi che mi vengono in mente sono Kate Chopin e Charlotte Perkins Gilman. Ma Edith Wharton fu la prima donna a vincere il Pulitzer per il romanzo nel 1921 con L’età dell’innocenza, ambientato nei salotti dell’alta borghesia di New York (e io ho un debole per i romanzi ambientati a New York). Ammetto poi che alcuni elementi biografici di Wharton hanno risvegliato la mia curiosità (come la sua amicizia con uno dei miei scrittori preferiti di sempre, Henry James).
L’abbiamo chiamato, ed eccolo qui. A maggio e giugno leggeremo Ritratto di signora di Henry James (1881).
Nella figura di questo esteta è racchiuso il conflitto identitario di tutta la letteratura americana: un senso di dipendenza culturale nei confronti del Vecchio Continente (in cui James si istruì e trascorse la maggior parte della sua vita) e un altrettanto forte senso di indipendenza e di alterità rispetto ai vecchi valori europei. Avrei potuto scegliere i romanzi più maturi in cui questa tensione esplode (The American, The Bostonians), ma ho preferito dare spazio a Isabel Archer, semplicemente perché è un romanzo che infiamma e indigna per le insondabili volontà della sua eroina, così enigmatica e così trasparente.
Nell’afa soffocante di luglio e agosto, ci immergeremo nel malinconico Di qua dal paradiso di Francis Scott Fitzgerald (1920).
Primo romanzo del più triste degli scrittori tristi americani, largamente autobiografico, è il racconto di culto di una generazione di giovani laureati a Princeton, immortalati prima che tutte le loro illusioni crollino sotto il peso della realtà. Fitzgerald è il maestro dell’attimo fugace, del momento irripetibile, del caduco, dell’ineffabile. Il cantore di un’epoca, di quei ruggenti anni Venti, di quello zeitgeist, di quel tipico romanticismo americano verso il futuro che la letteratura rende già passato. Prepariamo i fazzoletti.
A settembre e ottobre, leggeremo Luce d’agosto di William Faulkner (1932).
Ci sposteremo in avanti di un decennio, e anche geograficamente, verso Sud, nel Mississippi, per incontrare forse l’unico grande scrittore modernista americano. Premio Nobel per la letteratura nel 1949, William Faulkner non avrebbe bisogno di presentazioni. È qui anche in rappresentanza di una letteratura sudista, poco visibile nella mia selezione ma che connota moltissimo il paesaggio letterario di una regione così vasta come gli USA. Luce d’agosto è il suo settimo romanzo, ricchissimo di personaggi e punti di vista a cui la voce narrante, frammentata e corale, si adegua, dando un gusto antico, epico, che richiama l’oralità. Con Faulkner esploreremo quel senso biblico di colpa, di redenzione e di condanna che attraversa la moralità dell’America.
Concluderemo l’anno con La valle dell’Eden di John Steinbeck (1952) che leggeremo a novembre e dicembre.
Questa scelta è per me una sfida, visto che non ho mai amato quest’autore, pur riconoscendone tutti i meriti (anche lui vincitore del Premio Nobel nel 1962). Anche in questo caso, poi, mi sembrava giusto, per un tema di rappresentatività, rendere omaggio alla West Coast, e in particolare alla California, un pezzo fondamentale del mosaico statunitense. In effetti, ammetto che questa selezione è leggermente sbilanciata verso l’East Coast. Ma rimediamo con questo romanzone familiare – oltre 700 pagine – considerata la più ambiziosa delle opere di Steinbeck. Accanto alle consuete tematiche di denuncia (i suoi romanzi possono essere definiti naturalistici, con soggetti proletari e contadini), troviamo un intreccio dalle venature bibliche (l’episodio di Caino e Abele è l’ispirazione per il racconto) e il tentativo di costruire una mitopoiesi dell’americanità.
E questo è quanto. Sei tomoni ci aspettano.
So benissimo che da questa selezione mancano tantissimi numi tutelari: Stephen Crane, Mark Twain, Edgar Allan Poe, Nathaniel Hawthorne, Ernest Hemingway, Dorothy Parker e moltissimi altri. Pur fermandoci agli anni ‘50 del Novecento, la quantità (e qualità) degli scrittori esclusi è terrificante.
Ma non è con uno spirito completista che ci approcciamo alla letteratura americana, bensì con un atteggiamento più pioneristico. Saremo pronti a lasciarci stupire e ispirare da tutto ciò che incontreremo durante il percorso, con curiosità e apertura mentale.
Inoltre, ricordo che per gli abbonati alla newsletter arriveranno approfondimenti extra, di modo da darvi un contesto più ampio e lasciarvi la possibilità di conoscere e approfondire anche autori e autrici fuori programma.
Informazioni pratiche e utili
Trovate qui il programma in pdf, se desiderate stamparlo o salvarlo per averlo sempre sott’occhio o sulla scrivania.
Anche quest’anno il Gruppo di Lettura è in collaborazione con la libreria internazionale Hoepli di Milano. Il calendario degli appuntamenti verrà condiviso più avanti, a ridosso del primo incontro, attraverso i miei social e quelli della libreria. Sarà sempre di venerdì, dopo le ore 17.
N.B. È richiesta la prenotazione, ma verranno sempre comunicate prima di ogni incontro le modalità di partecipazione.
Non riuscite a partecipare fisicamente? Niente paura. Ci saranno sempre le discussioni online.
Ogni due mesi arriverà un approfondimento e un’analisi critica su ogni libro in formato podcast, video e, per gli abbonati alla newsletter, in forma di saggio scritto con bibliografia e link.
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Non vedo l’ora di iniziare a leggere.
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